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MALATTIE INFETTIVE IN GRAVIDANZA 

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  • Varicella

    La varicella è una malattia che si presenta tipicamente nell’ età infantile e pertanto è raro il riscontro della varicella in gravidanza.

    Qualora una donna vada incontro alla varicella nel corso del primo trimestre di gravidanza può verificarsi un maggior rischio di aborto o di malformazioni fetali. Se la varicella si verifica nel secondo e terzo trimestre di gravidanza, il virus della varicella dal sangue materno, attraversando la placenta, arriva al feto. Questo successivamente guarisce perchè riceve anche gli anticorpi di produzione materna.

    Se invece la donna manifesta la varicella pochi giorni prima del parto, il bambino può nascere sano, ma nei primissimi giorni può manifestare la malattia anche in forma molto grave.

    In questa circostanza infatti il bambino nascendo pochi giorni dopo l’ infezione materna ha fatto in tempo a ricevere dalla madre il virus ma non gli anticorpi. Per quanto attiene alla prevenzione è importante che la gestante non immune (cioè che non ha avuto in passato la varicella) cerchi di evitare le possibili occasioni di contagio. Qualora il contagio avvenga, è utile quanto prima (entro le 72 ore) provvedere alla somministrazione di immunoglobuline (anticorpi) specifiche anti virus della varicella.


  • Influenza

    Spesso vengono considerate genericamente come episodi influenzali delle situazioni infettive a carico delle vie respiratorie (raffreddore, mal di gola, tosse, ecc.)

    La vera e propria influenza è una infezione virale determinata da virus appartenenti alla famiglia dei mixovirus. Qualora l’ influenza venga contratta da una donna in gravidanza, questa più facilmente può andare incontro a complicanze broncopolmonari. Per questo motivo è raccomandata la vaccinazione antiinfluenzale dopo aver superato i primi tre mesi di gravidanza   Se l’ influenza si verifica nel primo trimestre di gravidanza, può comportare un maggior rischio di aborto e di malformazioni fetali.


  • Morbillo

    Il morbillo è una malattia virale (Paramixovirus) che qualche tempo fa era molto diffusa soprattutto nell’ infanzia. Oggi è molto meno frequente grazie alla vaccinazione. Oggi il morbillo può raramente presentarsi nelle persone adulte che o non sono state vaccinate o non hanno avuto la malattia in età infantile.

    Qualora una donna gravida si ammali di morbillo nei primi mesi di gravidanza, essa va incontro ad un aumentato rischio di aborto spontaneo. E’ rara la possibilità di una infezione fetale.

    Se invece la donna si ammala di morbillo nelle 2 – 3 settimane prima del parto, è possibile che il bambino si ammali di morbillo nei primi giorni di vita.

    Riguardo alla prevenzione della malattia nella donna in gravidanza, non va eseguita la vaccinazione anti-morbillo (vaccino costituito da virus vivi attenuati) in gravidanza. Se invece una gravida non vaccinata si trova esposta al rischio di contagio, è bene somministrare anticorpi specifici contro il virus del morbillo.



  • Parotite

    Anche la parotite (altrimenti conosciuta come “orecchioni”), causata da un virus (paramixovirus) è rara nell’ età adulta. Se la donna si ammala di parotite nel primo trimestre di gravidanza, va incontro ad un aumentato rischio di aborto. 

    In caso di infezione neonatale da parotite, questa può avere gravi conseguenze sul neonato, anche letali. Per questo motivo da alcuni anni è raccomandata per la donna la vaccinazione anti-parotite da fare intorno alle 28-32 settimane di gravidanza. Così facendo si ha una protezione della donna in modo da ridurre il rischio di infezione neonatale (che potrebbe verificarsi in caso di parotite contratta dalla madre). Inoltre, gli anticorpi che la donna produce in seguito alla vaccinazione hanno il tempo di passare al feto attraversando la placenta, in modo che il neonato avrà già anticorpi protettivi in caso di infezione nel periodo neonatale.


  • Malattie in gravidanza

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  • Rosolia

    La rosolia è una malattia infettiva virale che di solito si manifesta con sintomi lievi e non comporta danni particolari. L’aspetto importante della rosolia consiste nel fatto che, se contratta da una donna per la prima volta nel corso del primo trimestre di gravidanza, può essere responsabile di gravi malformazioni fetali. La probabilità di danno fetale è maggiore nelle prime settimane di gravidanza e tende ad esaurirsi oltre le 16-17 settimane. Qualora invece una donna che ha già avuto in passato la rosolia, o è veccinata, si trovasse esposta al contagio, l’ eventuale reinfezione non comporta rischio per il feto. I danni fetali derivanti dal virus della rosolia possono essere di vario genere: danni a carico degli occhi (cataratta, glaucoma), sordità, malformazioni cardiache, possibile ritardo psicomotorio. Oltre a questi danni è anche possibile in caso di rosolia nelle prime settimane di gravidanza un aumentato rischio di aborto spontaneo.

    Per prevenire questi problemi è molto utile accertare già in epoca preconcezionale l’eventuale esistenza di immunità della donna nei confronti del virus della rosolia. In assenza di immunità (donna che non ha avuto la rosolia in passato o che non è vaccinata) è opportuno eseguire la vaccinazione prima di intraprendere la gravidanza. La vaccinazione è prudentemente controindicata in gravidanza ed è bene lasciar passare alcuni mesi tra la vaccinazione e la gravidanza; a tale scopo sarebbe consigliabile effettuare la vaccinazione a fine mestruazione (si esclude così lo stato di gravidanza) è prende la pillola contraccettiva per 2-3 mesi.


  • Toxoplasmosi

    La Toxoplasmosi è causata da un protozoo chiamato Toxoplasma Gondii. Questo microorganismo compie una parte del suo ciclo vitale nell’ intestino del gatto, e quindi, una volta eliminato con le feci, può contaminare l’ ambiente circostante. L’ uomo può contrarre l’ infezione mangiando carni crude o poco cotte, mangiando verdura non accuratamente lavata, avendo contatti con gatti senza le dovute precauzioni igieniche.

    Se la persona umana contrae la Toxoplasmosi, questa solitamente non comporta danni di rilievo, e può svilupparsi con sintomatologia molto lieve (febbricola).

    Se contratta in gravidanza però la Toxoplasmosi può avere delle gravi ripercussioni sul benessere fetale. In caso di toxoplasmosi materna la probabilità che il feto ha di subire l’ infezione cresce con il progredire dell’ epoca di gravidanza. Va inoltre precisato che in caso di infezione fetale i danni sono maggiori nel primo trimestre e via via minori con il progredire della gravidanza.

    Considerata la scarsa sintomatologia di una eventuale toxoplasmosi materna in gravidanza, per la diagnosi hanno notevole importanza gli esami di laboratorio, fatti già dall’ inizio di gravidanza, per valutare gli Anticorpi AntiToxoplasma. In caso di paziente immune (cioè che ha già anticorpi per una pregressa toxoplasmosi, anche inapparente) non vi sono problemi nel corso della gravidanza e quindi non sarà più necessario controllare gli esami. In caso di donna non immune (senza anticorpi), sarà importante cercare di evitare occasioni di infezione.

    Per la prevenzione della Toxoplasmosi sono importanti le seguenti norme:

    evitare carni crude o poco cotte (compreso salumi e insaccati), lavare accuratamente le verdure, lavare accuratamente le mani dopo aver avuto contatti con gatti, lavare accuratamente le mani dopo aver lavorato il terreno (es. giardinaggio), deposito di possibili Toxoplasmi.

    In caso di Toxoplasmosi contratta in gravidanza, una diagnosi tempestiva e un’ altrettanto tempestivo trattamento antibiotico, possono ridurre il rischio di danno fetale.


  • Cytomegalovirus

    Le infezioni da Cytomegalovirus (CMV) sono molto diffuse e quasi sempre sono prive di sintomi. Le persone infettate, nonostante la presenza di anticorpi, per lungo tempo eliminano il virus con la saliva e con le urine. Il virus può anche essere presente nelle feci, nel liquido seminale e nelle secrezioni cervico-vaginali.

    L’ interesse in gravidanza per questo tipo di infezione è dovuto alla possibilità di trasmissione dell’ infezione dalla madre al feto. Questa può avvenire soprattutto attraverso il sangue che, attraversando la placenta, può portare il virus dalla madre al feto.

    L’ infezione materno-fetale può avvenire soprattutto in caso di prima infezione materna (donna che viene a contatto per la prima volta con il virus), ma è anche possibile in caso di reinfezione, seppure con minore probabilità.

    L’ infezione fetale da Cytomegalovirus non è solitamente causa di aborto o di malformazioni, ma può comportare una malattia a carico di vari organi fetali. Più frequentemente può causare ritardo di accrescimento intrauterino del feto, sofferenza epatica, microcefalia. Nei casi più gravi i bambini che contraggono effettivamente la malattia dalla madre possono morire a pochi mesi dalla nascita o riportare danni permanenti di variabile entità.

    Nella donna in gravidanza è opportuno un controllo periodico degli anticorpi anti CMV (analogamente a quanto si fa per Rosolia e Toxoplasmosi). Un’ eventuale prima infezione è segnalata dalla presenza di Anticorpi di tipo IgM. In tal caso per diagnosticare l’infezione fetale (si rammenta che l’infezione materna non sempre comporta l’ infezione fetale) può essere necessario ricercare gli Anticorpi anti-CMV nel sangue fetale attraverso la funicolocentesi (vedi al riguardo la pagina sulle tecniche invasive di diagnosi prenatale). Ulteriori accertamenti saranno necessari sul neonato dopo la nascita.

    Per l’ infezione da CMV non esiste purtroppo terapia; anche la possibilità di prevenzione risulta molto limitata, data la notevole diffusione del virus.


  • Condilomi acuminati (H.P.V.)

    I Condilomi sono delle formazioni di tipo verrucoso determinate dal virus H.P.V. (vedi nella sezione Ginecologia la pagina sull’ H.P.V. – Human Papilloma Virus). Essi sono localizzati solitamente a livello genitale e perineale. Quando si presentano in gravidanza è opportuna la loro rimozione mediante diatermocoagulazione o vaporizzazione laser. In rarissimi casi le formazioni condilomatose possono raggiungere delle dimensioni cospicue (condilomatosi gigante) al punto da ostacolare il parto per via vaginale e richiedere così il taglio cesareo. Se i condilomi sono presenti a livello vaginale e vulvare in occasione del parto è possibile che il neonato si infetti attraversando il canale da parto; pertanto in questa circostanza può essere indicato l’ espletamento del parto mediante taglio cesareo.



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